Perché io… chi sono?

Straordinario pezzo di Alain Elkann nelle pagine culturali di Repubblica. Un racconto estivo, così lo definisce l’autore. Elkann da decenni si atteggia a Moravia (che ha frequentato) così come ogni tanto, in preda a deliri liquidi, Lapo si è atteggiato a Kissinger (che ha frequentato). I padrini politici e letterari fanno di questi danni, soprattutto quando non scelgono i pupilli per ragioni di gusto, ma per ragioni di famiglia.

https://www.repubblica.it/cultura/2023/07/23/news/racconto_alain_elkann_sul_treno_per_foggia_con_i_giovani_lanzichenecchi-408733095/

Torniamo al pezzo. Il racconto estivo del padre di John, Lapo e Ginevra è da incorniciare, anche solo per la marea di risate e insulti che ha provocato, tanto da obbligare i giornalisti della testata a emettere un comunicato d’emergenza.

Non mi soffermerò come è già stato fatto sulla ridicola (e banalissima) descrizione di questa gioventù con IPhone e “senza orologio”, ma sulla ridicola e triste agitazione di un uomo che, evidentemente, si è sempre sentito invisibile, una sorta di appendice carnosa da tenere nascosta sotto l’abito. Il suo curriculum d’altro canto non poteva che portare a questo: a ruota di Gianni Agnelli, a ruota di Moravia, a ruota di Montanelli, a ruota di Sgarbi, oramai a ruota dei figli. C’è abbastanza per schiacciare una persona con poca personalità, figuriamoci quando ne è totalmente priva.

E così, nonostante la sua età non proprio verde, Alain si deve rifugiare nella collezione delle tipiche banalità del giovane parvenu culturale: un libro della Recherche di Proust, autore che puoi certamente frequentare, ma è elegante non nominarlo e soprattutto non sventolarlo come una sorta di medaglietta scaccia buzzurri. La descrizione del suo abito, il quaderno, la stilografica, il diario. Lui che è talmente preso dalle sue cose che ha riempito tutto l’articolo delle cazzate dei “lanzichenecchi” in treno con lui, lanzichenecchi che evidentemente non smetteva di ammirare e ascoltare da Roma a Foggia. Non mi vedevano, scrive, ero trasparente, non badavano a me, mentre lui a loro badava tantissimo. Più tenta di atteggiarsi a classico vivente, intellettuale (con i giornali in inglese e un libro in francese, scrive) più a me ricorda Cosimo Trombetta della celebre scena in treno.

Tutto quello che emerge da questo inutile sfoggio di pessima prosa è la sensazione di un uomo che si ritrova, nella fase matura della sua esistenza, a fare i conti con la sensazione di non essere mai esistito.


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